giovedì 28 aprile 2016

Il governo continua a non tutelare il "made in Italy"

Mercoledì 27 Aprile in Parlamento è stato bocciato un emendamento, durante la discussione del DEF (Documento di Economia e Finanza) del 2016, che tutelava il made in Italy.
Nella parte relativa agli impegni da prendere si trattava di inserire la seguente dicitura: 

"a rendere obbligatoria l'indicazione in etichetta dell'origine della materia prima contenuta nei prodotti agroalìmentari, soprattutto a tutela delle produzioni del comparto lattiero-casearìo, al fine di garantire la massima trasparenza, la corretta e completa informazione, la salute dei consumatori e la tutela degli operatori della filiera"


Insomma quando vi parleranno di difesa del prodotto italiano ricordatevi di questa votazione. Chi può aver paura di dover mostrare la provenienza delle materie prime con cui sono fatti i "nostri" prodotti agroalimentari???
Senz'altro non i nostri piccoli produttori!!!

lunedì 25 aprile 2016

Ferrovie Nord Milano......costosi questi treni!!!

L'ultima gara d'appalto per l'acquisto dei TSR (i treni a 2 piani di Ferrovie Nord) è del 2003, governatore della Lombardia era Formigoni. Poi basta, la Regioni ha deciso solo affidamenti diretti, senza gara, pratica legittima solo in caso di urgenza e assoluta necessità.
Ordini di acquisto che hanno garantito, in cinque anni, mezzo miliardo alla stessa impresa aggiudicataria. E i costi che sono triplicati rispetto all’appalto originale (166 milioni).
Con la nuova giunta Maroni in Regione Lombardia la musica non cambia: infatti, per l’acquisto dei Tsr tra il 2013 e il 2014, viene nuovamente rinnovato l’appalto del 2003 senza gara spendendo altri 80 milioni di euro fuori dalle regole e arrivando a pagare i convogli oltre il 50% in più rispetto al costo originario.
Facendo un confronto con ATM (l'azienda di trasporto pubblico milanese) si nota come ATM abbia bandito 2 gare tra il 2005 e il 2012 riuscendo ad ottenere un abbattimento del 16% dei costi, contro un aumento del 50% di Ferrovie Nord.
Queste anomalie sono state scoperte dai consiglieri regionale del Movimento 5 Stelle che hanno presentato un esposto all'Agenzia Anticorruzione, alla Corte dei Conti e al Garante della concorrenza e del Mercato.
C'è insomma da capire se è stato giusto spendere 600.000.000€ di finanziamenti pubblici negli ultimi 10 anni; vi ricordiamo il fatto che Ferrovie Nord è detenuta per il 57,57% da Regione Lombardia e quindi da tutti noi. In fondo questi soldi sono stati presi dalle nostre tasche.

venerdì 15 aprile 2016

Anche "Il Sole 24 ore" invita a votare SI al referendum e spiega perchè!!!

In un articolo apparso oggi su "Il Sole 24 ore" viene spiegato perchè anche per motivi economici bisogna votare SI al referendum di Domenica. 
Ve lo riportiamo:
Sfruttamento delle risorse sul territorio italiano implica che le aziende paghino un “affitto” allo Stato. Il termine in gergo è royalty, ovvero un prelievo diretto alla “fonte” (il contatore sta allacciato al “tubo” del gas o petrolio che vien fuori dalle piattaforme). In soldoni, se arriva una compagnia che estrae gas o petrolio in Italia, approvato il progetto, per ogni 100 euro di gas estratto (o petrolio) la società estrattiva andrà a pagare il 10% (o il 7% se petrolio) allo Stato (i numeri si riferiscono alle attività offshore). Fin qui nulla di complesso. Essendo gli impianti di estrazione costosi nella loro creazione, attivazione e messa in opera, ogni Stato prevede una sorta di sconto (chiamata franchigia). Per esempio se tu petroliere estrai 50.000 barili di petrolio, avendo sostenuto dei costi per la creazione del pozzo, ti farò una sorta di sconto. Poniamo fino a 50.000 barili all’anno, per l’installazione, non te li faccio pagare. Perché devi rientrare del tuo costo. Dal 50.001 esimo barile mi pagherai il 7% o 10% del valore di mercato del prodotto.
Fin qui lo stato dell’arte. Ora cominciamo a far i conti.
L’Italia, si sa, non ha una grande abbondanza di idrocarburi. Certo come riporta sul suo blog il capo della comunicazione di Eni, Marco Bardazzi, nel panorama italiano le riserve hanno una loro rispettabilità, anche se sullo scenario mondiale non siamo certo ricchi. Ora facciamo un paragone molto elementare. Se io sono un padre di famiglia (esempio associabile a un primo ministro) e ho un singolo appartamento, logica vuole che lo affitti al prezzo più alto possibile (compatibilmente con i prezzi di mercato), valorizzandolo al massimo. Con i soldi guadagnati ci pagherò, per esempio, le spese di famiglia dando qualcosa ai figli (che studiano, che son disoccupati, scegliete voi).
Un padre di famiglia che invece si chiama Al Maktoum (e magari non abita in Italia ma, poniamo, nella penisola araba) se ha 2000 appartamenti può concedersi il lusso di affittarli a prezzi più modesti: giocando sulla quantità li affitterà prima. Sarebbe, a mio modesto avviso, follia, se il padre di famiglia con il singolo appartamento lo affittasse a prezzi bassi. Sarebbe controproducente e porterebbe meno soldi in famiglia. Curioso notare come, dati alla mano di una analisi di Ernst & Young, l’Italia sia tra le nazioni con le royalty più basse nel mondo. Cioè, già non abbiamo molte risorse energetiche (in proporzione al mondo) e in più le svendiamo? Sono un poco perplesso da questa strategia che dovrebbe “incentivare le estrazioni di risorse scarse”.
Ora, affrontiamo il tema franchigia. È un dato di fatto che molte piattaforme estrattive restino sotto le quote di franchigia. Non ci vuole un genio con Mba ad Harvard per capire che se tu compagnia energetica resti sotto franchigia non pagherai le royalty (pur basse) allo Stato.
Votando Sì al referendum gli italiani otterrebbero limiti temporali per le concessioni definiti (in pochi anni). Quindi, banalmente, le compagnie energetiche dovrebbero (si suppone) estrarre più prodotto possibile entro i termini previsti. Sfondando le quote di franchigia e quindi pagando più royalty. Il tutto a vantaggio della comunità locale e nazionale.
L’altra questione è politica. Ho come la percezione che l’attuale governo abbia tentato il colpo gobbo. Con la legge di stabilità si è deciso che era lo Stato a imporre dove come quando (e perché) aprire nuovi siti estrattivi distribuendo licenze. Le royalty in sé invece verranno convogliate, salvo pochi spiccioli, nelle casse centrali, lasciando poco o nulla alle regioni. Non è un caso che questo referendum sia stato promosso dalle Regioni stesse. I governatori regionali (per lo più di area PD) si sono ribellati al loro stesso partito? No, semplicemente si parla di soldi.
Se io governatore regionale devo farmi rieleggere e mi presento al mio elettore con un piano industriale estrattivo “imposto”, da cui però non porto a casa soldi (non molti almeno) per compensare il “chiamiamolo” fastidio di avere siti complessi sul mio territorio, cosa ne guadagno? Gli elettori, oltre che darmi dell’incapace, non mi voteranno. Una soluzione differente e forse efficace sarebbe stata se si fosse optato per una minor tassazione (che comunque incide) e un più alto tasso di royalty che potevano essere retrocesse alle regioni (auspicando che tali soldi fossero usati a beneficio della collettività locale, si intende). Ma cosi non accade.
Quindi l’attuale referendum (detto per inciso: è cosa alquanto inusitata che un premier suggerisca di non esercitare il democratico diritto al voto, il presidente della Corte costituzionale ha invitato a farlo, invece) avrà due esiti: vince il Sì (sempre che si raggiunga il quorum) e ci saranno più soldi per lo Stato (magari se si alzassero le royalty non sarebbe male). In compenso si arrabbieranno le compagnie energetiche. Se non si raggiunge il quorum o vince il No il premier si inimicherà comunque una parte del suo elettorato di sinistra (avverso al “padrone capitalista” facilmente identificabile nelle multinazionali energetiche).
Io ho già in mente come voterò ma mi pongo la domanda: far le cose fatte meglio la prossima volta sarebbe possibile?
L'articolo è di Enrico Verga

lunedì 11 aprile 2016

Un altro video sul referendum di Domenica 17 Aprile!!!

Guardate questo video e ricordatevi che Domenica 17 Aprile si potrà votare dalle 7:00 alle 23:00.
Il Presidente del Consiglio invita a non andare a votare ma l'art. 48 della Costituzione dice che: "Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico...
...Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge."
Ancora una volta il Presidente Renzi va contro la Costituzione, cosa ingiustificabile per una carica dello Stato come la sua.

Pubblicato da MoVimento 5 Stelle Saronno su Lunedì 11 aprile 2016

venerdì 8 aprile 2016

Riina da Vespa??? Una vergogna...

Abbiamo assistito in settimana a una delle pagine più tristi nella storia della televisione italiana: nella trasmissione "Porta a porta", condotta da Bruno Vespa, è stato ospite il figlio di Totò Riina per promuovere il suo libro. Salvatore Riina ha scontato una condanna a 8 anni e 10 mesi per associazione mafiosa. 
Noi vogliamo rispondere con questo discorso pronunciato da Roberto Scarpinato, procuratore generale della Corte di Appello di Caltanissetta, alla commemorazione per i 20 anni dell’assassinio di Paolo Borsellino, con il quale ha lavorato fianco a fianco nel pool antimafia.

Caro Paolo,

oggi siamo qui a commemorarti in forma privata perché più trascorrono gli anni e più diventa imbarazzante il 23 maggio ed il 19 luglio partecipare alle cerimonie ufficiali che ricordano le stragi di Capaci e di via D’Amelio.

Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere; personaggi dal passato e dal presente equivoco le cui vite – per usare le tue parole – emanano quel puzzo del compromesso morale che tu tanto aborrivi e che si contrappone al fresco profumo della libertà.


E come se non bastasse, Paolo, intorno a costoro si accalca una corte di anime in livrea, di piccoli e grandi maggiordomi del potere, di questuanti pronti a piegare la schiena e a barattare l’anima in cambio di promozioni in carriera o dell’accesso al mondo dorato dei facili privilegi.

Se fosse possibile verrebbe da chiedere a tutti loro di farci la grazia di restarsene a casa il 19 luglio, di concederci un giorno di tregua dalla loro presenza. Ma, soprattutto, verrebbe da chiedere che almeno ci facessero la grazia di tacere, perché pronunciate da loro, parole come Stato, legalità, giustizia, perdono senso, si riducono a retorica stantia, a gusci vuoti e rinsecchiti.

Voi che a null’altro credete se non alla religione del potere e del denaro, e voi che non siete capaci di innalzarvi mai al di sopra dei vostri piccoli interessi personali, il 19 luglio tacete, perché questo giorno è dedicato al ricordo di un uomo che sacrificò la propria vita perché parole come Stato, come Giustizia, come Legge acquistassero finalmente un significato e un valore nuovo in questo nostro povero e disgraziato paese.

Un paese nel quale per troppi secoli la legge è stata solo la voce del padrone, la voce di un potere forte con i deboli e debole con i forti. Un paese nel quale lo Stato non era considerato credibile e rispettabile perché agli occhi dei cittadini si manifestava solo con i volti impresentabili di deputati, senatori, ministri, presidenti del consiglio, prefetti, e tanti altri che con la mafia avevano scelto di convivere o, peggio, grazie alla mafia avevano costruito carriere e fortune.

Sapevi bene Paolo che questo era il problema dei problemi e non ti stancavi di ripeterlo ai ragazzi nelle scuole e nei dibattiti, come quando il 26 gennaio 1989 agli studenti di Bassano del Grappa ripetesti: “Lo Stato non si presenta con la faccia pulita… Che cosa si è fatto per dare allo Stato… Una immagine credibile?… La vera soluzione sta nell’invocare, nel lavorare affinché lo Stato diventi più credibile, perché noi ci dobbiamo identificare di più in queste istituzioni”.

E a un ragazzo che ti chiedeva se ti sentivi protetto dallo Stato e se avessi fiducia nello Stato, rispondesti: “No, io non mi sento protetto dallo Stato perché quando la lotta alla mafia viene delegata solo alla magistratura e alle forze dell’ordine, non si incide sulle cause di questo fenomeno criminale”. E proprio perché eri consapevole che il vero problema era restituire credibilità allo Stato, hai dedicato tutta la vita a questa missione.

Nelle cerimonie pubbliche ti ricordano soprattutto come un grande magistrato, come l’artefice insieme a Giovanni Falcone del maxiprocesso che distrusse il mito della invincibilità della mafia e riabilitò la potenza dello Stato. Ma tu e Giovanni siete stati molto di più che dei magistrati esemplari. Siete stati soprattutto straordinari creatori di senso. 

Avete compiuto la missione storica di restituire lo Stato alla gente, perché grazie a voi e a uomini come voi per la prima volta nella storia di questo paese lo Stato si presentava finalmente agli occhi dei cittadini con volti credibili nei quali era possibile identificarsi ed acquistava senso dire “ Lo Stato siamo noi”. Ci avete insegnato che per costruire insieme quel grande Noi che è lo Stato democratico di diritto, occorre che ciascuno ritrovi e coltivi la capacità di innamorarsi del destino degli altri. Nelle pubbliche cerimonie ti ricordano come esempio del senso del dovere.

 Ti sottovalutano, Paolo, perché la tua lezione umana è stata molto più grande. Ci hai insegnato che il senso del dovere è poca cosa se si riduce a distaccato adempimento burocratico dei propri compiti e a obbedienza gerarchica ai superiori. Ci hai detto chiaramente che se tu restavi al tuo posto dopo la strage di Capaci sapendo di essere condannato a morte, non era per un astratto e militaresco senso del dovere, ma per amore, per umanissimo amore.

Lo hai ripetuto la sera del 23 giugno 1992 mentre commemoravi Giovanni, Francesca, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Parlando di Giovanni dicesti: “Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché mai si è turbato, perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore! La sua vita è stata un atto di amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato”. 

Questo dicesti la sera del 23 giugno 1992, Paolo, parlando di Giovanni, ma ora sappiamo che in quel momento stavi parlando anche di te stesso e ci stavi comunicando che anche la tua scelta di non fuggire, di accettare la tremenda situazione nella quale eri precipitato, era una scelta d’amore perché ti sentivi chiamato a rispondere della speranza che tutti noi riponevamo in te dopo la morte di Giovanni.

Ti caricammo e ti caricasti di un peso troppo grande: quello di reggere da solo sulle tue spalle la credibilità di uno Stato che dopo la strage di Capaci sembrava cadere in pezzi, di uno Stato in ginocchio ed incapace di reagire.

Sentisti che quella era divenuta la tua ultima missione e te lo sentisti ripetere il 4 luglio 1992, quando pochi giorni prima di morire, i tuoi sostituti della Procura di Marsala ti scrissero: “La morte di Giovanni e di Francesca è stata per tutti noi un po’ come la morte dello Stato in questa Sicilia. Le polemiche, i dissidi, le contraddizioni che c’erano prima di questo tragico evento e che, immancabilmente, si sono ripetute anche dopo, ci fanno pensare troppo spesso che non ce la faremo, che lo Stato in Sicilia è contro lo Stato e che non puoi fidarti di nessuno. Qui il tuo compito personale, ma sai bene che non abbiamo molti altri interlocutori: sii la nostra fiducia nello Stato”.

Missione doppiamente compiuta, Paolo. Se riuscito con la tua vita a restituire nuova vita a parole come Stato e Giustizia, prima morte perché private di senso. E sei riuscito con la tua morte a farci capire che una vita senza la forza dell’amore è una vita senza senso; che in una società del disamore nella quale dove ciò che conta è solo la forza del denaro ed il potere fine a se stesso, non ha senso parlare di Stato e di Giustizia e di legalità.

E dunque per tanti di noi è stato un privilegio conoscerti personalmente e apprendere da te questa straordinaria lezione che ancora oggi nutre la nostra vita e ci ha dato la forza necessaria per ricominciare quando dopo la strage di via D’Amelio sembrava – come disse Antonino Caponnetto tra le lacrime – che tutto fosse ormai finito.

Ed invece Paolo, non era affatto finita e non è finita. Come quando nel corso di una furiosa battaglia viene colpito a morte chi porta in alto il vessillo della patria, così noi per essere degni di indossare la tua stessa toga, abbiamo raccolto il vessillo che tu avevi sino ad allora portato in alto, perché non finisse nella polvere e sotto le macerie.

Sotto le macerie dove invece erano disposti a seppellirlo quanti mentre il tuo sangue non si era ancora asciugato, trattavano segretamente la resa dello Stato al potere mafioso alle nostre spalle e a nostra insaputa.

Abbiamo portato avanti la vostra costruzione di senso e la vostra forza è divenuta la nostra forza sorretta dal sostegno di migliaia di cittadini che in quei giorni tremendi riempirono le piazze, le vie, circondarono il palazzo di giustizia facendoci sentire che non eravamo soli.

E così Paolo, ci siamo spinti laddove voi eravate stati fermati e dove sareste certamente arrivati se non avessero prima smobilitato il pool antimafia, poi costretto Giovanni ad andar via da Palermo ed infine non vi avessero lasciato morire.

Abbiamo portato sul banco degli imputati e abbiamo processato gli intoccabili: presidenti del Consiglio, ministri, parlamentari nazionali e regionali, presidenti della Regione siciliana, vertici dei Servizi segreti e della Polizia, alti magistrati, avvocati di grido dalle parcelle d’oro, personaggi di vertice dell’economia e della finanza e molti altri.

Uno stuolo di sepolcri imbiancati, un popolo di colletti bianchi che hanno frequentato le nostre stesse scuole, che affollano i migliori salotti, che nelle chiese si battono il petto dopo avere partecipato a summit mafiosi. Un esercito di piccoli e grandi Don Rodrigo senza la cui protezione i Riina, i Provenzano sarebbero stati nessuno e mai avrebbero osato sfidare lo Stato, uccidere i suoi rappresentanti e questo paese si sarebbe liberato dalla mafia da tanto tempo.

Ma, caro Paolo, tutto questo nelle pubbliche cerimonie viene rimosso come se si trattasse di uno spinoso affare di famiglia di cui è sconveniente parlare in pubblico. Così ai ragazzi che non erano ancora nati nel 1992 quando voi morivate, viene raccontata la favola che la mafia è solo quella delle estorsioni e del traffico di stupefacenti.

Si racconta che la mafia è costituita solo da una piccola minoranza di criminali, da personaggi come Riina e Provenzano. Si racconta che personaggi simili, ex villici che non sanno neppure esprimersi in un italiano corretto, da soli hanno tenuto sotto scacco per un secolo e mezzo la nostra terra e che essi da soli osarono sfidare lo Stato nel 1992 e nel 1993 ideando e attuando la strategia stragista di quegli anni. Ora sappiamo che questa non è tutta la verità.

E sappiamo che fosti proprio tu il primo a capire che dietro i carnefici delle stragi, dietro i tuoi assassini si celavano forze oscure e potenti. E per questo motivo ti sentisti tradito, e per questo motivo ti si gelò il cuore e ti sembrò che lo Stato, quello Stato che nel 1985 ti aveva salvato dalla morte portandoti nel carcere dell’Asinara, questa volta non era in grado di proteggerti, o, peggio, forse non voleva proteggerti.

Per questo dicesti a tua moglie Agnese: “Mi ucciderà la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere, la mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno”. Quelle forze hanno continuato ad agire Paolo anche dopo la tua morte per cancellare le tracce della loro presenza. E per tenerci nascosta la verità, è stato fatto di tutto e di più.

Pochi minuti dopo l’esplosione in Via D’Amelio mentre tutti erano colti dal panico e il fumo oscurava la vista, hanno fatto sparire la tua agenda rossa perché sapevano che leggendo quelle pagine avremmo capito quel che tu avevi capito.

Hanno fatto sparire tutti i documenti che si trovavano nel covo di Salvatore Riina dopo la sua cattura. Hanno preferito che finissero nella mani dei mafiosi piuttosto che in quelle dei magistrati. Hanno ingannato i magistrati che indagavano sulla strage con falsi collaboratori ai quali hanno fatto dire menzogne. Ma nonostante siano ancora forti e potenti, cominciano ad avere paura.

Le loro notti si fanno sempre più insonni e angosciose, perché hanno capito che non ci fermeremo, perché sanno che è solo questione di tempo. Sanno che riusciremo a scoprire la verità. Sanno che uno di questi giorni alla porta delle loro lussuosi palazzi busserà lo Stato, il vero Stato quello al quale tu e Giovanni avete dedicato le vostre vite e la vostra morte. 

E sanno che quel giorno saranno nudi dinanzi alla verità e alla giustizia che si erano illusi di calpestare e saranno chiamati a rendere conto della loro crudeltà e della loro viltà dinanzi alla Nazione.

mercoledì 6 aprile 2016

REFERENDUM TRIVELLAZIONI spiegato in 2 minuti





Abbiamo scelto un video imparziale per cercare di spiegarvi nel modo più neutrale la valenza del referendum che andremo a votare il prossimo 17 Aprile. Prendetevi 2 minuti per vederlo.

domenica 3 aprile 2016

Ma ci guadagniamo davvero con le estrazioni di petrolio in Italia???

Continuiamo a parlare del referendum del 17 Aprile che riguarda le estrazioni in mare di gas e petrolio.
In questo caso vogliamo soffermarci sull'aspetto economico della questione: si dice infatti che l'estrazione di gas e soprattutto petrolio porti soldi nelle casse del Paese, beh in effetti non è proprio così, facciamo un esempio.
In Italia le royalties (in pratica la percentuale del guadagno che è dovuta al Paese in cui avvengono le estrazioni) sono del 7%; però da questo 7% dobbiamo togliere i primi 80 milioni di Smc - metri cubi standard - di gas e le prime 50.000 tonnellate di olio prodotti che non sono sottoposte a queste tasse. 
Non ci sono invece royaltiy per produzioni disperse, bruciate, impiegate in operazioni di
cantiere o di campo o reimmesse in giacimento, e per le prove di produzione.
Quindi se il petroliere X produce 100.000 tonnellate di petrolio annuo, che vende a 10
milioni di euro, prima di calcolare il 7% di royalty su 10 milioni di valore del prodotto,
bisogna procedere ad un taglio di 41 euro per tonnellata: ne consegue che il 7% delle royalty
sarà calcolato non più su 10 milioni, ma su 5.900.000 euro (se si escludono gli ulteriori sgravi ).
Ah dimenticavo le royaltiy al 7% che abbiamo in Italia sono le più basse al mondo: in Guinea sono il 25%, in Venezuela 33%, in Libia 85%, in Arabia Saudita 50%,in Russia 80%, in Canada 50%, in Alaska 60%, in Norvegia 80% (fonte: The Economist).
http://vitalsigns.worldwatch.org/vs-trend/fossil-fuel-and-renewable-energy-subsidies-rise
Non sarà mica che in Italia ci guadagnano solo i petrolieri??? Meditate gente, meditate!!!